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S. Sierra, 250 cm line tattoed on 6 paid people, Havana, Cuba, 1999

Bergamo: camion militari portano le salme fuori dalla Regione, 18 Marzo 2020

Tornare alla normalità?

 

In questi giorni di confinamento, ho ripreso i pennelli in mano e continuato a lavorare su vecchi progetti e su nuovi legati alla situazione attuale. Ovviamente, la mente non la puoi fermare, e avendo più tempo a disposizione ho ripreso in mano vecchi volumi di filosofia.

La mente ha iniziato ad ingranare, e dato che stiamo vivendo momenti di iper-informazione, dinamici e in continua evoluzione, mi sono chiesto anche io dopo essere incappato nel titolo di un articolo riguardante Nick Cave, - il quale a differenza di molti altri suoi colleghi invita alla riflessione in questi giorni, e non alla iper-esposizione mediatica - quale possa essere il mio contributo, e dato che sono stato/sono uno studioso di Visual Culture, ovvero, di Cultura Visuale, ho pensato che il mio apporto di pensiero non può che partire dall'Arte.

Già, appunto, l'Arte, quella cosa avvertita talmente poco, che è come l'ossigeno, che è come dire fondamentale come la salute; e di questi tempi ce ne stiamo accorgendo tutti.

C'è una prima immagine che in questi giorni mi è tornata alla mente, dispersa nel catalogo della mia memoria. L'immagine in questione è la fotografia di una famosa performance artistica di Santiago Sierra, artista spagnolo, che nel 1999 a l'Avana, Cuba, paga sei persone per farsi tatuare una linea sulle loro schiene. Semplice e potente.[1]

Chi non mastica d'arte contemporanea non starà capendo, già appunto, l'Arte è vista molto spesso e sopratutto oggi come qualcosa d'incomprensibile.

Questo, forse, è dovuto praticamente ad un solo e grande motivo, ovvero, che l'Arte stessa è stata fagocitata dalla finanza e dai mercati. Chi s'interessa un minimo d'arte sà che ormai alle aste si parla di cifre spropositate - così come nei contratti dei calciatori - , a volte si paga tanto qualcosa che in verità vale poco; e purtroppo oggi questo accade spesso.

Si sa che "prezzo" e "valore" non sono la stessa cosa.

Allora ecco che l'Arte spesso si è trasformata in spostamento di capitali, in riciclaggio di denaro, in immagine (pubblicità), in status.

Ma torniamo per un momento a Sierra, il quale con un semplice gesto mette a nudo la precarietà di un intero sistema, denuncia ed evidenzia che il denaro può fare ciò che vuole.

Qual è il nostro prezzo? A cosa saremo disposti in cambio di ricchezza (di denaro)?

I più scettici, diranno, "certo, ma ha preso gente bisognosa, a Cuba la maggior parte della popolazione è povera", certo, ma è proprio questo il punto, viviamo in un mondo globalizzato, e le tensioni che scaturiscono da questo mondo sono molteplici, come per esempio la distribuzione ineguale di ricchezza e rischio, per non parlare dell'impatto della cosiddetta ideologia del libero mercato sulle comunità locali, ecc.

Proprio in questi giorni, tra i vari telegiornali, mentre si parlava della situazione in Sud America e in particolare in Messico, una breve intervista ad un negoziante mi ha colpito più di altre: "la stronzata è che qui moriremo di fame e non per il virus".

Già, per chi come me non è nato in Europa sa che in certi posti del globo si vive alla giornata, e con quel poco che si guadagna si mangia, punto e basta.

Il gesto di Sierra è come questa pandemia, sta scoperchiando tutto, e tutto sta venendo a galla, d'ora in poi, che sia chiaro, non possiamo più nascondere la polvere sotto al tappeto.

Ed ecco quindi che sono già in molti ad avvertire che siamo ad un bivio, cruciale, da Zizek[2], che suggerisce un'idea di nuovo comunismo, una cooperazione globale e organizzata, dove i governi non si fanno la guerra ma si scambiano le informazioni importanti per superare la crisi - perché o avviene questo o è la fine, sociale, politica, economica - a Jean-Luc Nancy[3] che spinge alla riflessione su come questo virus sia un prodotto di questo mondo globalizzato, e di come ne precisa i tratti e le tendenze, ce lo presenta in un certa forma come un libero scambista attivo, combattivo più che mai, ma sopratutto efficace. La brutalità contagiosa del virus si diffonde e riflette sotto forma di una brutalità gestionale; pensiamo a Trump, a Boris Johnson, a Bolsonaro.

Inoltre Nancy sembra suggerire che la vecchia Europa sia arrivata ad un punto di cambiamento radicale - o che almeno, aggiungo io, prima o poi avverrà - : l'Europa è oggi il centro dell'Epidemia, e questo virus partecipa al grande processo attraverso il quale una cultura si dissolve.

Ci sono altri pensatori, come Chomsky[4], che suggeriscono che questo virus non è la fine, è grave ed avrà gravi conseguenze, ma che davanti a noi abbiamo due scenari ancora più drammatici, la guerra nucleare e il riscaldamento globale. Anche Chomsky come molti suoi colleghi sottolinea come tutte queste minacce siano intensificate dalle politiche neoliberali, e che dopo la fine della crisi del virus le opzioni saranno o Stati più autoritari e brutali (questo è già in corso in paesi come le Filippine), o una ricostruzione radicale della società in termini più umani.

Qualche giorno fa mi è capitato, come a tutti in questi giorni, di essere più in contatto con persone care e amici, così mi sono ritrovato a scrivere ad una vecchia compagna di Accademia, fra le tante cose di questo momento storico che stiamo vivendo le ho detto che tutto questo mi sembrava un monito, una sorta di prova per un problema ancora più grande che la nostra generazione sembra destinata a dover vivere prima o poi, ossia, il già citato riscaldamento globale che porterà al conseguente cambiamento climatico.

Già, è così, ipotesi ancora da verificare, giustamente scrive Bruno Latour[5], su di un articolo apparso su  Le Monde, il 25 Marzo 2020; ma non essere l'unico ad averlo pensato mi fa riflettere ancora di più.

Personalmente sono sempre stato dell'idea che l'Arte non debba essere troppo politicizzata, l'Arte per me deve essere libera, anarchica se vogliamo, laddove per anarchico intendiamo che essa non debba essere "costretta", e personalmente mi trovo d'accordo con l'accademico di Visual Culture Anthony Downey quando chiarisce che l'Arte contemporanea è in gran parte una forma di riflessione piuttosto che un agente di cambiamento politico e sociale.

L'Arte come la Filosofia suggerisce le domande, invita al pensiero, non dà risposte.

Ecco quindi che l'esortazione al pensiero oggi è più che mai importante, ecco allora che ogni volta che sento alla televisione che torneremo alla normalità di prima mi viene la pelle d'oca.

Nel Web da mesi c'è un motto[6] apparso su molti siti di filosofia, sociologia, politica, "No volveremos a la normalidad porque la normalidad era el problema", ovvero, "Non torneremo alla normalità perché la normalità è il problema", come ben spiega e racconta (nascita e evoluzione) Antonis Galanopoulos su Opendemocracy.net[7]: stando a tutti i pensieri fin ora descritti perché mai dovremmo voler tornare alla normalità? Io credo che questo sia il momento del cambiamento, bisogna capirne le forme, e i tempi, e se davvero una nuova coscienza sia possibile.

Facendo ancora una volta un passo indietro e tornando all'opera di Sierra, e tornando con la mente a tutti i telegiornali e i giornali, e gli articoli di questi giorni, una cosa mi si delinea chiara: il problema non è il virus, semmai Noi, tutti, nessuno escluso. Un Mondo Nuovo, diverso, è possibile laddove ripensiamo l'intero sistema, in cui riusciamo a districarci dal Dio Denaro che ci costringe, ci rende paurosi, incerti, assuefatti, ma non dobbiamo sbagliare il colpo, non dobbiamo transmutarlo in un'altra valuta come può essere il tempo, come ben ci mostra il film In Time[8] di Niccol.

Come ha detto in questi giorni in una sua apparizione televisiva il Ministro per la Scienza spagnolo, Pedro Duque, "..se lo avessimo fatto prima non saremo dove siamo oggi", riferendosi alle politiche passate di tagli sulla Sanità e sulla Ricerca attuate dal Governo. I tagli alla Sanità sono un sintomo di questa situazione: quando si tagliano i fondi al bene pubblico a vantaggio di obbiettivi puramente economici si gettano le basi per una catastrofe sociale.

Ed è qui che voglio chiudere questi miei pensieri con un'altra immagine, questa volta ben più reale, che è come ha già fatto notare un mio vecchio professore d'Accademia, Federico Ferrari, forse, l'immagine più impattante fra tutte, ovvero, quella schiera (che sembra dolorosamente infinita) di camion militari in quella strada di Bergamo, in Italia, che porta via le salme perché in Regione non c'è più posto.

Ferrari, l'ha definito così: come la dissoluzione de "le regole minime della pietà"[9].

 

Spero, un giorno, di poter dar vita a figli che crescano in un mondo con più pietà e parità.

 

 

 

 

[1] Il video della performance di S. Sierra è visibile su: https://vimeo.com/123486331

[2] Articolo di S. Zizek, Slavoj Zizek: Global communism or the jungle law, coronavirus forces us to decide, su www.rt.com, consultabile su: https://www.rt.com/op-ed/482780-coronavirus-communism-jungle-law-choice/

[3] Articolo di J. Luc Nancy, Un virus troppo umano, su Antinomie.it, consultabile su: https://antinomie.it/index.php/2020/03/20/un-virus-troppo-umano/

[4] Da un'intervista di Srećko Horvat, Noam Chomsky: “Supereremo la crisi del coronavirus, ma abbiamo davanti a noi crisi più gravi”, su pressenza.com, consultabile su: https://www.pressenza.com/it/2020/03/noam-chomsky-supereremo-la-crisi-del-coronavirus-ma-abbiamo-davanti-a-noi-crisi-piu-gravi/

[5] Articolo apparso su Le Monde il 25/03/2020, ripreso da B. Latour in, La crisi sanitaria ci induce a prepararci al cambiamento climatico, su Antinomie.it, consultabile su: https://antinomie.it/index.php/2020/04/01/la-crisi-sanitaria-ci-induce-a-prepararci-al-cambiamento-climatico/

[6] Articolo di M. Bersani, Virus: scatta la colpevolizzazione dei cittadini, su www.attac-italia.org, consultabile su: https://www.attac-italia.org/virus-scatta-la-colpevolizzazione-dei-cittadini/

[7] Articolo di Antonis Galanopoulos, Antipopulismo y el regreso a la "normalidad": de Grecia a Chile, su

Opendemocracy.net, consultabile su: https://www.opendemocracy.net/es/democraciaabierta-es/antipopulismo-y-el-regreso-la-normalidad-de-grecia-chile/

[8] Film fantascientifico del 2011, In Time di A. Niccol

[9] Articolo di F. Ferrari, Le regole minime della pietà, su Antinomie.it, consultabile su: https://antinomie.it/index.php/2020/03/27/le-regole-minime-della-pieta/

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